Sior Todero è un vecchio e avaro capofamiglia che predispone le nozze della nipote col figlio del suo fattore con l’intento di risparmiare la dote e acquistare un servo gratis in famiglia.
Il primo a subire le angherie del vecchio è il figlio Pellegrin, uomo di poco carattere che, per non disgustare il padre, si limita ad accettare. Ma la moglie di quest’ultimo, Marcolina, (donna dal forte temperamento, non accetta per nulla che la figlia Zanetta sposi Nicoleto, un servitore figlio appunto del fattore Desiderio , e trama alle spalle del suocero per maritare la figlia al gentiluomo Meneghetto, aiutata da siora Fortunata. Per completare l’opera e togliere di mezzo ogni possibile ostacolo, Marcolina si prodiga affinché Cecilia, la sua cameriera, si sposi con Nicoletto del quale peraltro è innamorata. Alla fine, attraverso gli intrecci tipici delle migliori commedie goldoniane, la famiglia giunge ad una soluzione lasciando con un palmo di naso il vecchio Todero.
L’idea di questo allestimento del Todero è strettamente legata all’incontro con Lino Toffolo:
<< Si può fare…sì, sì.. a patto di non pensare a nessun altro spettacolo goldoniano. Si dovrebbe ricercare e lavorare in maniera originale sino a penetrare dentro l’anima di Goldoni, cavandone l’essenza, attraverso l’eliminazione di tutta quella patina fatta di stereotipi , convenzioni, forzate attualizzazioni, che spesso hanno caratterizzato la messa in scena delle opere di Godoni, arrivando così alla costruzione dello spettacolo in modo da far emergere la notevole portata della sua riforma, tutta tesa a mostrare uomini e donne veri.>>
In questo lavoro Goldoni delinea concretamente i tratti di un dramma borghese, in bilico tra commedia e tragedia “domestica”, presentando un vecchio dispotico che tiene “sotto chiave” un’intera famiglia. Un carattere sospettoso, avaro e accentratore che tutto dispone e pianifica in casa propria, sino al tentativo di maritare la giovane nipote col figlio del fattore solo per risparmiare la dote.
Todero rappresenta un autoritarismo abnorme, maniacale e patologico.
Sta di fatto che sia I Rusteghi che il Todero nascono nel clima pieno di incertezze e di preoccupazioni che si respirava a Venezia negli anni 1760-62 a causa della eccessiva concentrazione di potere cumulato negli anni dal Consiglio dei Dieci. Pur nella consapevolezza della situazione politica di allora, tuttavia ho ritenuto di impostare la regia di questo lavoro, evitando di contestualizzarlo eccessivamente nella Venezia di quegli anni. Dal punto di vista espressivo, cercando di evitare le insidie della recitazione manierata goldoniana, si è puntato a far sentire la complessità psicologica dei personaggi, in consonanza se si vuole con la dimensione “naturalista” del teatro, maturata, proprio a metà del Settecento, per opera di riformatori della scena europea, come David Garrick, Luigi Riccoboni, Dennis Diderot e ovviamente lo stesso Carlo Goldoni.